Nello Gatti: il vino e l’amore sono una cosa sola
Quando si parla di wine experience l’accostamento con il Sommelier internazionale Nello Gatti è inevitabile.
Dove nasce questa passione per il vino?
Nonostante sia nato in Lacryma Christi e cresciuto in Food Valley, il vino non è entrato in maniera automatica nella mia quotidianità. Non provengo infatti da alcuna tradizione enoica e a casa nostra, ad eccezione di qualche compleanno, non si sono mai viste bottiglie di pregio o particolari cerimonie attorno al vino. Poi si cresce, si frequentano i locali e si comincia a collaborare con PR, Chef e ristoratori per promuovere eventi che in un qualche modo hanno sempre a che fare con lui: il vino. Più che da passione diventata lavoro, direi il contrario, in quanto a Vienna affiancavo un agente di commercio nelle vendite, in Spagna aprivo i nuovi mercati ed infine a Londra interagivo con l’alta ristorazione, il tutto con alle spalle due collaborazioni interne presso note realtà vitivinicole italiane… insomma il mio lungo e poliedrico percorso alla scoperta del mondo enoico mi ha trasformato ne “L’Ambasciatore”, un nomignolo in cui tuttora mi riconoscono alcuni colleghi ed Aziende che hanno condiviso con me quest’affascinante cammino in cui a volte si riscoprono le proprie origini ed altre si apre la mente verso una cultura globale. Non lo nascondo, sono consapevole di fare il lavoro più bello al mondo!
Qual è il posizionamento dell’Italia sul lato della produzione e come è percepito il suo Brand all’estero?
L’Italia del vino è lo specchio della nostra stessa società. Infatti, per quanto il Belpaese detenga il record mondiale di produzione, di vitigni autoctoni e di regioni vitivinicole, non riesce a convertire in maniera ottimale questo straordinario patrimonio, mostrandosi frammentario e poco innovativo. Ad eccezione di qualche Consorzio o singole iniziative infatti, l’Italia del vino è lastricata da conflitti interni e quindi fatica nell’individuare una promozione collettiva identitaria che accontenti l’intero ecosistema. Ciò detto, dobbiamo anche riconoscere la mano della Comunità Europea che ha contribuito al sorgere di nuove attività e destinato sempre più importanza al comparto, permettendo a migliaia di realtà familiari di convertirsi in Azienda e aumentare a dismisura i soggetti coinvolti. Fuori dall’Italia, è ovvio, non siamo perfetti sconosciuti e girando il lungo e in largo è difficile non imbattersi nei nostri muscolosi Barolo, Brunello, Chianti, Primitivo e Amarone o in distese di Prosecco e Lambrusco lungo gli scaffali. Questo spiega in sintesi il lavoro intrapreso lungo i decenni da alcune regioni virtuose ma, specie di questi tempi, non dobbiamo rimanere passivi davanti ai cambiamenti e ai nuovi spiragli che il mercato ci offre. A mio avviso, la partita del futuro si gioca sugli autoctoni, sui terroir e sul ventaglio sempre più ampio degli abbinamenti, ecco perché è necessario un drastico rinnovamento sia sul lato della comunicazione sia sull’offerta che le singole realtà offrono, comprendendo turismo e vendita online.
Come avvicinare i giovani al vino?
Una cosa è certa: una volta dentro questo mondo non lo molli. Ma viviamo in una realtà assuefatta da bellezze e tesori a tal punto che ne perdiamo totalmente di vista il significato e cominciamo a percepirli come banalità nelle vostre vite. Come a scuola si obbliga a studiare Dante o la lingua inglese, ciò non basta a far sì che ci si appassioni o si renda l’individuo competente in materia. Secondo la mia personale esperienza, il giusto approccio è sempre quello che bilancia teorico e pratico, professionale ed informale, scientifico e leggendario. I ragazzi al giorno d’oggi hanno mille motivi in più per appassionarsi al vino e diventare guardiani di questo grande miracolo italiano viste anche le prospettive lavorative e gli stimoli che fornisce. Ciò che non deve mai mancare alle persone, giovani e non, è la propensione all’ascolto, al confronto e alla condivisione.
Sei stato nominato “Autore dell’anno” ai WINE TRAVEL AWARDS, cosa significa per te?
L’anno scorso abbiamo tagliato lo stivale in lungo e in largo, entrando in contatto con le più diverse personalità legate al vino in Italia, dal Manager al potatore, dall’industria ai garagisti, legando tutte queste testimonianze in una serie di racconti. Particolare interesse ha suscitato un mio articolo intitolato “Cristo si è fermato a Eboli – noi poco più avanti” in cui racconto la prima wine experience del collettivo Autoctono Campano, network nato per sostenere e promuovere il territorio, lungo un on-the-road alla scoperta dell’Aglianicone, l’antico vitigno madre del ben più noto (e remunerativo) Aglianico. Sono felice di poter partecipare a questa nomination e rappresentare un piccolo pezzo d’Italia che a quanto pare, non è passato inosservato. Questi segnali ci dimostrano che l’impegno paga sempre e che solo circondarci di persone positive potremo migliorarci sempre nel tempo, proprio come il buon vino. Certo, è stata una bella sorpresa anche per me vedere il mio nome tra altri grandi e navigati professionisti del settore da tutto il mondo, ma adesso che sono in gioco, voglio sfruttare al meglio questa occasione e misurarmi con tutti gli altri colleghi internazionali in gara. In fin dei conti sono la raccolta di tante testimonianze e di tanti esempi che rendono l’Italia un brand, quello che chiamiamo “Made in Italy”, dall’indubbia capacità economica ma soprattutto inestimabile valore umano. La fase di voto durerà per l’intero mese di marzo e invito tutti coloro che hanno a cuore il tricolore e le sue bellezze a sostenere la mia candidatura.
Non ci resta che supportare tutto il suo talento.